Oggi voglio parlare di un bias che ha molto a che vedere con la riottosa situazione attuale. Mi sto riferendo all’egocentrismo emotivo e alle sue implicazioni odierne, in quello scossone sociale che è avvenuto in questo ultimo anno.
Tutto gira intorno a me
Vediamo prima di tutto di cosa stiamo parlando. Cosa ci dicono le simulazioni sperimentali scientifiche di questo bias? Nelle relazioni con gli altri il nostro stato d’animo modifica la percezione che abbiamo delle persone e del loro umore. Si riscontra anche il proiettare del nostro stato d’animo nell’altro, come se esso stesso sia nella nostra stessa condizione quando magari non è così.
In base alle variazioni dell’umore possono esserci degli errori di valutazione, degli allontanamenti dalla realtà, delle illusioni credute verità. Effetti che non ci fanno vedere la pura situazione dell’altro, non sappiamo come sta in realtà.
A sostegno di ciò abbiamo alcuni esperimenti che ordinavano a dei soggetti di esprimere giudizi emotivi su di sé e su altre persone. Questo però avveniva in situazioni diverse, come ad esempio stimolazioni tattili piacevoli o fastidiose. Come è naturale che fosse, è stato visto che i giudizi cambiavano di molto rispetto alle varie stimolazioni. In più c’era una forte tendenza a vestire l’altro col proprio stato d’animo. Se io sto bene allora sta bene anche l’altro, se io sono nervoso vedrò nervoso anche chi mi sta di fronte ecc.
Il bias egocentrico che arresta il pensiero analitico
Il discorso è molto simile all’articolo che ho scritto sull’effetto priming se ricordi. Invece, in questo caso, la questione riguarda maggiormente il contesto emotivo e il proiettarlo sugli altri. L’egocentrismo emotivo, lo dice lo stesso nome, è una riduzione della realtà, una semplificazione, dove tutto viene ridotto al: io provo questa emozione quindi anche gli altri sono nella medesima situazione. Questo induce a non pensare oltre, a non analizzare quali potrebbero essere i vari aspetti mentali degli altri. E questo è proprio il modo di agire della maggior parte dei bias cognitivi: un risparmio energetico per mezzo di semplificazioni. L’effetto illusorio viene accentuato ancor di più quando abbiamo decisioni da prendere in fretta. Se già siamo preda di questo bias quando abbiamo tempo di pensare figurarsi quando non ne abbiamo nemmeno il tempo.
Come spesso ho detto tutte le nostre mancanze sono sempre correlate allo stato energetico della persona, dove con energetico intendo proprio il vigore vitale posseduto. Per capirci, e per chi ancora non ha letto i molti articoli passati sull’argomento, parlo di quella spinta automatica che ci sprona ad agire senza sforzo. Che riesce a farci vivere qualsiasi esperienza, anche quelle problematiche, con semplicità. Stessa cosa quando parliamo di bias. Questi sono pattern mentali utili al risparmio di tempo ed energia. In molti casi sono proficui ma in molti altri sono limitanti. Pertanto un organismo in perenne deficit energetico ricorrerà sempre a questi schemi di pensiero anche quando magari c’è più bisogno di consapevolezza, concentrazione, contemplazione. Di come riappropriarsi e mantenere un adeguato livello energetico ne ho già parlato molto, quindi mi fermo qua. Ora vorrei contestualizzare il bias dell’egocentrismo emotivo o bias delle convinzioni con gli eventi osservati nell’ultimo anno.
egotismo emotivo tra sì pass e no pass
Lo abbiamo visto tutti, lo abbiamo vissuto tutti questo triste periodo. Ha sconvolto le vite dei genitori, dei bambini, degli studenti e dei lavoratori. Già prima della pandemia osservavo quel fenomeno di polarizzazione, di schieramento in un gruppo o ideologia per combattere contro l’eventuale nemesi. Cinque stelle contro PD, femmine contro maschi, milanisti contro juventini, carnivori contro vegani, giovani contro boomer…
Oggi però siamo andati oltre. Si è creata una gigantesca spaccatura tra le persone, dove ancora pochi riescono a rimanere lucidi. Fondamentalmente, pochissimi di noi riescono a essere ancora comprensivi per situazioni che non coinvolgono la propria sfera di pensiero o i propri interessi (in primis quelli monetari). Fondamentalmente, pochi riescono a essere empatici, semplicemente mettersi nei panni degli altri anche quando l’altro è molto diverso da noi. Diverso per cultura, o per aspetto, o per idee politiche, mediche ecc. O quando i suoi interessi contrastano i nostri.
Mi riferisco chiaramente al fenomeno SìPass VS NoPass che si è venuto a creare. È una situazione che fa male a vedersi e a viversi, e anche oggi come in passato mi chiedo, ma perché è così difficile per le persone mettersi nei panni altrui? Ancora me lo chiedo perché a me risulta così facile che mi sembra assurdo non riuscirci.
guerreggiamo armati di tastiera
Una risposta, è chiaro, me la sono già data anni fa, però ancora mi sorprendo quando in un certo contenuto del web, leggo invariabilmente i commenti che si fanno battaglia. Prendiamo a esempio uno dei tanti video che ho visto di recente. Abbiamo un evidente persona immigrata che dal tettuccio di un auto sbraita verso due poliziotti mentre brandisce una spranga. La cosa va avanti per qualche minuto. I poliziotti cercano di parlare, di far calmare questa persona che però non ne vuole sapere. Non si capisce bene cosa vuole, anche perché urla in una lingua che effettivamente i poliziotti non capiscono. Ed è così che viene raggiunto il qlimax, il protagonista si sfoga, disintegra i vetri dell’auto e lascia cadere la spranga. Uno dei poliziotti approfitta della distrazione, afferra la spranga e, assieme al collega immobilizza il soggetto.
Questo è solo uno dei molti esempi e, per ciò che intendo, è simile a tutti gli altri video attuali dove vediamo manifestanti contro polizia. O dove vediamo scontri d’opinione tra chi è a favore del Pass o chi non lo accetta. Potete immaginare i commenti sotto a questi video, sempre i soliti e medesimi. Gente che si schiera dalla parte dei poliziotti, del fatto che loro lo avrebbero ammazzato di botte. Di come i poliziotti italiani siano limitati e dovrebbero aver più libertà nel pestare i criminali. Mentre sull’altra sponda abbiamo quelli contro i poliziotti: guardali in due per immobilizzare quel povero cristo, e via dicendo.
A me invece è sempre venuto naturale empatizzare con tutte e due le parti. Non è una bella situazione né per i poliziotti né per il ragazzo in questione. Mentre guardavo il video sentivo la rabbia, la disperazione e la paura del soggetto, così come il soverchiante fastidio dei poliziotti per essersi dovuti ritrovare in quella situazione. Nessuno si stava divertendo, nessuno ha provato piacere se non il pubblico da tastiera su Facebook.
evadere dal bias delle convinzioni per immedesimarci
Innanzitutto questo è solo uno brevissimo spezzone della vita di questi tre protagonisti, non sappiamo nulla di loro, e quindi questo non ci dovrebbe porre a giudici giudicanti. Non sappiamo cos’ha spinto quella persona a commettere quelle azioni, e non sappiamo cosa significa dover essere costretti a rispettare degli ordini e mettere le mani addosso a un altro essere umano. Non sappiamo nulla, abbiamo solo un video di qualche minuto. Quindi io non posso far altro che mettermi nei panni di ognuno e comprendere le visioni altrui, le debolezze, le sofferenze. Così come le cattiverie, poiché comprendere gli sgarri o le cattiverie degli altri possono farmi capire il perché le hanno fatte.
All’atto pratico, schierarmi non serve a nulla, se non ad alimentare caos e altra violenza. Se invece mi calo nelle vite degli altri, e cerco di immaginarne una situazione diversa dalla mia, le difficoltà, i sentimenti, allora si che è l’inizio di una possibile mediazione. E questo vale per ogni evento o argomento. Questo secondo me è il primo tassello per risolvere qualsiasi problema tra le persone.
Articolo consigliato: Il problema del carrello ferroviario, una spiegazione fuori dal coro.
Tutti per uno ma non uno per tutti
Ma torniamo all’argomento centrale. Ho detto che una risposta me la sono già data anni fa. Alla maggioranza non viene automatico empatizzare ma schierarsi e sbraitare verso la fazione avversa per colpa di questo egocentrismo, di questo bias delle convinzioni che ci pone sempre dalla parte della ragione. Ed è normale in un tipo di società dove fin da bambini veniamo educati a un tipo di vita individuale. La cura del proprio giardino quando il mondo circostante è una latrina a cielo aperto capite? Siamo stati cresciuti a fare ogni tipo di azione per un guadagno personale e strettamente individuale. Non siamo cresciuti in una comunità, dove ognuno si muove per il vantaggio dell’intera comunità. Questo tipo di comportamento diviene normale, ed è difficile cercare di vedere il mondo con occhi altrui. C’è poi l’aspetto dell’interesse monetario e della scarsità reale o falsata dei beni, cose su cui si fondano le società moderne. Se ci fate caso, la narrativa di ogni persona al 99% coincide sempre col proprio interesse, o comunque non va a ledere la propria situazione. Se un ricercatore è pagato da un’azienda che produce prodotti per la disinfestazione difficilmente elencherà i danni ambientali di questi, ma si concentrerà sui benefici di ambienti asettici, della ridotta probabilità di venire in contatto con virus, possibili infezioni, norme igieniche, buon profumo ecc. E se guardiamo a oggi, questo succede anche col si Pass, no Pass.
Viene difficile sposare la condizione altrui quando è avversa alla nostra, siamo abituati ad accaparrare il maggior numero di vantaggi possibili, anche a discapito altrui. Viene difficile empatizzare con chi non la pensa come noi, perché lede i nostri interessi personali.
dove regna il caos regnano i bias cognitivi
Se noi vogliamo farci il Pass allora anche gli altri lo devono fare, io proietto non solo il mio stato d’animo sugli altri, ma anche le mie convinzioni. Vedo molto egotismo, oggi più che mai. Vedo caos, tanto caos.
Caos d’informazione, caos mediatico, insomma, un caos globale. E vedo che ognuno, reduce da una narrativa che vede un futuro sempre più grigio, cerca di tirare al proprio mulino quanta più acqua possibile, con ogni mezzo e argomento. Ma l’unico atto veramente pratico, l’ho già detto, è quello di riconoscere noi stessi negli altri, guardarsi e camminare uno verso l’altro. Solo capendo l’altro possiamo avviare delle mediazioni per poi agire. Altrimenti ognuno rimane sul suo punto fino a quando non ci si fa la guerra, e nella guerra, lo dicevano quasi tremila anni fa in cina, perde chiunque: vinto e vincitore.
Questa è una delle poche volte che ho usato un mio articolo per parlare di attualità. Ho voluto farlo perché credo che il bias dell’egocentrismo emotivo calzasse a pennello con questo periodo, e credo che possa essere d’ispirazione a ogni lettore che transiterà sul Project Excape. Ci si vede al prossimo Bias 😉
Articoli consigliati: Tutti i tipi di euristiche e bias cognitivi. E L’effetto Dunning Kruger, il paradosso dell’ignoranza.